mercoledì 3 dicembre 2014

Per la Corte di Cassazione costituisce discriminazione indiretta dell’alunno disabile la mancata attuazione del Piano Educativo Individualizzato elaborato per il sostegno scolastico. Sentenza 25 novembre 2014 n. 25011

GIURISPRUDENZA: Disabili, obbligo della scuola di osservare il piano educativo individualizzato
Per la Corte di Cassazione costituisce discriminazione indiretta dell’alunno disabile la mancata attuazione del Piano Educativo Individualizzato elaborato per il sostegno scolastico.
Sentenza 25 novembre 2014 n. 25011
Corte di Cassazione, sezioni unite

L'attuale legislazione prevede l'assoluta centralità del piano educativo individualizzato, inteso come strumento rivolto a consentire l'elaborazione di una scelta condivisa frutto anche del confronto tra genitori dell'alunno disabile ed amministrazione.

È fondamentale, inoltre, l'immediato e doveroso collegamento, in presenza di specifiche tipologie di handicap tra le necessità prospettate dal piano ed il momento dell'assegnazione dell'insegnante di sostegno.

Su questi temi è intervenuta un'importante Sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, depositata il 25 novembre 2014, nella quale viene stabilito che il piano educativo individualizzato per il sostegno scolastico dell’alunno in situazione di handicap, una volta elaborato con il concorso degli insegnanti e degli operatori della sanità pubblica, comporta l’obbligo dell’amministrazione scolastica – priva di potere discrezione a rimodulare la misura del supporto integrativo in ragione della scarsità di risorse disponibili per il servizio – di apprestare gli interventi corrispondenti alle esigenze rilevate.

Problematiche economiche, quindi, non legittimano l'omissione o l'insufficienza della misura del supporto integrativo che è lesiva del diritto dell’inabile ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, determinando – in assenza di una corrispondente contrazione dell’offerta formativa per i normodotati – una discriminazione indiretta, per la cui repressione è competente il giudice ordinario.

Per approfondimenti: http://dirittocivilecontemporaneo.com/

http://www.ilquotidianodellapa.it/

Vi aspettiamo


sabato 22 novembre 2014


Pixel partecipa con la presentazione del libro "Io sola " di Maria Mantega Arkadia Editore a seguire il dibattito:

Coordina Virginia Marci, Presidente Pixel Multimedia

Intervengono: l'Autrice, Maria Mantega


Amalia Schirru, già Parlamentare,


Tonino Serra, Medico.


Letture a cura di Rita Atzeri.

mercoledì 5 novembre 2014

"I disturbi specifici dell'apprendimento: la relazione in classe".










L’iniziativa rientra tra le attività del progetto “CID -  centro di informazione sulle disabilità”  attivo da febbraio nella sede sociale. Allo stesso si può accedere previa prenotazione alla mail: assosciazionepixelmultimedia@gmail.com.

 Il seminario  è diretto agli insegnanti di ogni ordine di scuola, affronta in forma laboratoriale il tema dei DSA,  disturbi che interessano uno specifico dominio di abilità (lettura, ortografia, grafia e calcolo) e meglio conosciuti con i termini di dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia.Riguardano lo sviluppo di abilità specifiche e rappresentano un problema ad alta incidenza nella popolazione scolastica (dal 2 al 5%) e originano molti casi di disagio e abbandono scolastico.Per questo intendiamo affrontare con due psicologhe esperte e gli insegnanti il tema della prevenzione precoce e degli interventi di  supporto.









giovedì 4 settembre 2014

Prossimamente, la presentazione del libro, "Nicolò Businco, Storia di un errore giudiziario". Di Tonino Serra


Il giovedì del 16 luglio 1914, Nicolò Businco lasciò il carcere dopo quasi diciotto anni di detenzione. Con altri tre compagni di sventura - Giosuè Piroddi, Antonio Lorrai e Antonio Parlatariu di Tertenia - fu condannato all´ergastolo, in seguito a un processo che all´epoca fece scalpore, per l´omicidio di Ruggero Tedde, segretario comunale di Perdasdefogu, commesso la notte del 16 agosto 1894.
Nel 1911, in seguito a pazienti investigazioni, i famigliari dei condannati erano riusciti a far incriminare per suborno e falsa testimonianza chi aveva determinato la condanna del 1898 e a ottenere la revisione del processo. Il nuovo si concluse tuttavia con l´assoluzione degli accusati, nonostante alcuni di loro avessero confessato.
Per via della logica perversa della burocrazia, Piroddi e Businco (gli altri due erano nel frattempo deceduti in carcere), pur essendo stati riconosciuti implicitamente vittime di un grossolano errore giudiziario, furono ricondotti in prigione nell´attesa che si chiarisse la loro posizione processuale. Giosuè Piroddi fu liberato il 17 febbraio 1912 mentre Nicolò Businco dovette attendere altri ventinove mesi nel penitenziario di Oristano. 
Nicolò Businco nasce a Torino nel 1856 e giunge giovanissimo a Ierzu, dove prende parte alla lotta politica contro le oligarchie locali sconfiggendole. Polemista acceso, nel 1882 fonda L´Ogliastra, che attacca il sistema di potere dei notabili e promuove la realizzazione della ferrovia, come uno dei mezzi per spezzare lo storico isolamento dell´Ogliastra. Nel 1889 è tra i giornalisti de L´Unione Sarda, appena fondata. Nel 1896 è accusato, ingiustamente, con Giosuè Piroddi, Antonio Piroddi Lorrai e Antonio Piroddi Parlatariu di aver fatto uccidere Ruggero Tedde, segretario comunale di Perdasdefogu.

lunedì 21 luglio 2014

A PERDASDEFOGU VA IN ONDA LA CREATIVITA’ DEI GIOVANI CON I LABORATORI DEL PROGETTO DIVERSAMENTE SBALLO DI PIXEL MULTIMEDIA.




E’ in corso di realizzazione, a Perdasdefogu, il progetto “Diversamente sballo” sostenuto in parte da un contributo della Regione Sardegna sulla occupazione femminile. Per dodici mesi, cinque giovani donne hanno la possibilità di acquisire competenze lavorative promuovendo il benessere della comunità ogliastrina con attività diversificate e articolate per fasce d’età.
Il progetto di Pixel Multimedia, un’associazione di promozione sociale riconosciuta dalla Regione Sardegna, mira alla prevenzione del disagio sociale. Pixel attiva da vent’anni sul territorio regionale e nazionale in ambito socio-culturale opera senza finalità di lucro, con enti pubblici e privati, in attività di utilità sociale. A guidare le tante attività dell’Associazione è da sempre Virginia Marci, professionista con pluriennale esperienza in campo sociale e culturale.
Tante le attività previste dal progetto: uno sportello d’ascolto per bambini e adolescenti, alcuni seminari sul tema, la proiezione di documentari e tante attività di socializzazione. Queste ultime sono centrate soprattutto su attività di tipo laboratoriale dove operatrici e volontari trasmettono, secondo la filosofia “dell’imparare facendo”, la cultura del vivere sano, del riciclaggio dei materiali, della salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni gastronomiche e tanto altro.
Quattro le attività laboratoriali organizzate e portate a termine con successo in pochi mesi dall’avvio del progetto . “Informatica in poche ore” per adulti, “Le manine laboriose” -laboratorio di riciclaggio per bambini di fascia di età compresa tre i sei e gli undici anni, “Geologicamente giocando” laboratorio di geologia per bambini di otto anni ed infine in collaborazione della pro-loco Foghesu “Le mani in pasta” - laboratorio enogastronomico per bambini e adulti, che si sono cimentati principalmente nella lavorazione del culurgione ogliastrino a spighita.
Le creazioni realizzate durante i laboratori verranno esposte negli stand durante la manifestazione Folkloristica “Foghesu canta Foghesu”, che si snoderà per le vie del centro storico a Perdasdefogu a partire da venerdì 25 luglio a domenica 27 luglio. Dalle 18:30 di domenica, nello stand di Pixel multidedia, i bambini esporranno le proprie creazioni (disegni, calchi in gesso, manufatti ecc.) e daranno mostra delle abilità acquisite. Sarà d’interesse osservare i bambini mentre realizzano la tipica “chiusura” a spiga de is culurgiones foghesini, tecnica appresa nel laboratorio “Le mani in pasta”.
Il buon risultato di questo step progettuale fa ben prevedere la realizzazione di altri laboratori, che fungano da polo aggregante per la comunità.

sabato 21 giugno 2014

L'universo dei non udenti, LIS.

   1.6 La lingua italiana dei segni
I segni usati dai sordi non sono un semplice insieme di gesti per comunicare. I segni hanno una grammatica ben precisa, regole per declinare i verbi, per il plurale e il singolare. Sono una vera e propria lingua (al pari delle lingue vocali). I sordi hanno sempre usato la lingua dei segni, per molto tempo di nascosto visto che i gesti erano considerati “poveri” e il pregiudizio portava (e porta ) a  pensare che i sordi usando i segni non avrebbero mai imparato a parlare.
La risoluzione finale del Congresso internazionale di Milano (appena sopra citato), cancellò la tradizione bilingue, affermò la superiorità educativa del metodo oralista e del suo uso come unico metodo di educazione e istruzione per i sordi in Italia.
 Oggi l'atteggiamento è in gran parte cambiato, anche grazie al contributo di diversi studiosi che si sono occupati della lingua dei segni. Le ricerche hanno avuto inizio negli anni Sessanta, quando il linguista americano William Stokoe dimostrò per primo che la Lingua dei segni americana, la Asl (American Sign Language), presentava tutte le caratteristiche morfologiche, grammaticali, sintattiche di ogni lingua naturale. Le lingue dei sordi, al pari di tutte le lingue del mondo, oltre ad avere proprie caratteristiche, si differenziano da Paese a Paese e da Regione a Regione. E come tutte le minoranze linguistiche anche i sordi hanno una loro cultura. W. Stokoe considerò tutto ciò che la sordità produce come cultura. Tradizioni che si possono tramandare, racconti e poesie in segni, e tutto il bagaglio di conoscenze teoriche e simboliche trasmesse dai sordi di generazione in generazione. Il lavoro di W. Stokoe fu veramente rivoluzionario. Precedentemente, nemmeno i sordi erano consapevoli del fatto che i segni costituissero una vera e propria lingua e fossero portatori di una cultura peculiare.
Altri ricercatori, sull’onda di W. Stokoe, in tutto il mondo, hanno iniziato a studiare le loro lingue dei segni. In Italia, all'Istituto di psicologia del CNR di Roma da quasi trent’anni ricercatori udenti e sordi studiano la Lingua dei segni italiana (LIS). Hanno dimostrato che, come quella americana, anche la Lingua dei segni italiana costituisce una vera e propria lingua.
Gli studi sulla cultura sorda italiana, in ambito accademico, tuttavia sono ancora poco sviluppati rispetto ad altri Paesi. Una tappa importante in questo panorama è stato il convegno "Cultura del gesto, cultura della parola. Viaggio antropologico nel mondo dei sordi"  organizzato nel 1996 da un gruppo di studenti del dipartimento di studi Glotto-antropologici dell’Università “La Sapienza” di Roma. E’ stato il primo convegno che ha affrontato in chiave antropologica temi relativi alla sordità con la volontà di dare un impulso a questo tipo di ricerche anche nel nostro Paese.
Un’antropologia della sordità che consideri la sordità non come non come deficit sensoriale, ma piuttosto come risorsa che genera cultura. Una cultura forse difficile da definire, visto che non esiste geograficamente un luogo abitato dai sordi, ma che molti sordi identificano proprio con la lingua dei segni.
Questa lingua, infatti, non solo è portatrice della comunicazione e del linguaggio dei sordi, ma è lo strumento di una percezione del mondo tutta particolare che si basa sulla visione, senza il suono.
La LIS è l'unica lingua che può essere acquisita spontaneamente attraverso le stesse tappe del linguaggio parlato, perché si trasmette attraverso il canale visivo che nel sordo è integro. Ed è proprio attraverso questo canale che, grazie alla logopedia, passa anche l'acquisizione della lingua parlata.
Una risoluzione del Parlamento europeo del 1988 invitava, come già evidenziato, i Paesi membri a riconoscere le rispettive lingue dei segni come lingue ufficiali. L'Italia non si è ancora uniformata a questa disposizione. Fortunatamente è oggi all’esame della Commissione Cultura della Camera la proposta di legge (n. 351 del 29 aprile 2008) d’iniziativa, del deputato Antonio De Poli per  il “Riconoscimento della Lingua italiana dei segni”. La proposta, in quattro articoli, prevede il riconoscimento e la conseguente tutela della LIS come lingua non territoriale della comunità dei sordi in applicazione dell’art. 3 della nostra Costituzione e della normativa europea sulle lingue regionali o minoritarie. Stabilisce l’uso della LIS in giudizio e nei rapporti con le Amministrazioni pubbliche, garantisce l’insegnamento della LIS in ogni ordine di scuola e all’Università e incentiva le trasmissioni televisive nelle quali è utilizzata la LIS e quelle gestite dai sordi. Le norme regolamentari della proposta si pongono nelle linee tracciate dalla Legge n. 104/92 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
Forse si percorrono i primi passi verso quei valori descritti da Renato  Pigliacampo?[1] “Il bambino sordo è una ricchezza che si può e si deve scoprire con la lingua dei segni. Che è la sua principale lingua, senza che questo gli impedisca l’apprendimento delle altre lingue, in primis la lingua vocale parlata dalla maggioranza. Ma perché questo sia possibile dobbiamo liberarci dai pregiudizi, dalle mezze verità, dal tornaconto per rimboccarci le maniche favorendo e costruendo una società a misura di tutti. Sappiamo che non è un traguardo utopistico: è una realtà a portata di mano dell’uomo sordo, dell’uomo udente. Solo così, dopo, saremo persone senza etichetta.”



[1] Pigliacampo R., Lingua e linguaggio nel sordo, Armando Ed, Roma, 1998, pag. 13

mercoledì 18 giugno 2014

Agli esami di stato i ragazzi diversamente abili hanno uguali diritti. Ecco la normativa sintetica


Gli esame di Stato degli alunni in situazione di Handicap sono regolati dagli artt. 17 e 18 dell'O.M. nn37/2014. Alcuni di essi possono raggiungere il diploma in egual misura dei loro compagni più fortunati, altri invece acquisiscono l'attestato che certifica i crediti formativi raggiunti. Dato l'argomento importante e delicato, lasciamo parlare la normativa ufficiale, che presentiamo in forma sintetica e schematica.
  • A
1. Per i candidati che seguono la programmazione curriculare individualizzata col l'insegnante di sostegno, la commissione può predispone prove equipollenti a quelle assegnate agli altri candidati e che possono consistere nell'utilizzo di mezzi tecnici o modi diversi, ovvero nello sviluppo di contenuti culturali e professionali differenti. In ogni caso le prove equipollenti devono consentire di verificare che il candidato abbia raggiunto una preparazione culturale e professionale idonea per il rilascio del diploma attestante il superamento dell'esame. Per la predisposizione delle prove d'esame, la commissione d'esame può avvalersi di personale esperto; per il loro svolgimento la stessa si avvale, se necessario, dei medesimi operatori che hanno seguito l'alunno durante l'anno scolastico. (...) I tempi più lunghi nell'effettuazione delle prove scritte e grafiche e del colloquio non possono di norma comportare un maggior numero di giorni rispetto a quello stabilito dal calendario degli esami. In casi eccezionali, la commissione (...) può deliberare lo svolgimento di prove scritte equipollenti in un numero maggiore di giorni. (Cfr. art. 17 c.1-3) Tutto questo purtroppo nella pratica sembra spesso di difficile applicazione quando la Commissione si trova nella situazione di dover decidere di quale operatore avvalersi in quanto o mancano delle indicazioni precise nella richiesta apposta nella relazione sul candidato con disabilità, allegata al documento del 15 maggio, oppure la persona designata si trova nell'impossibilità di svolgere il ruolo. L'organo competente a decidere se avvalersi di un operatore che supporti il candidato durante le prove d'esame è unicamente la Commissione: quindi non è il DS che può effettuare tale scelta, né il docente di sostegno che può imporre la propria presenza. La scelta operata dalla Commissione, in persona del Presidente, in genere ricade sulla persona indicata dal Consiglio di Classe. Nella quasi totalità dei casi, il soggetto individuato quale assistente è il docente di sostegno che ha seguito l'alunno durante l'anno scolastico. La disposizione parla infatti di medesimi operatori che hanno seguito l'alunno durante l'anno scolastico. "Medesimi operatori" al plurale, perché sono legittime anche più nomine e può essere previsto persino un operatore per ogni tipo di prova. La partecipazione ai lavori delle commissioni rientra tra gli obblighi inerenti lo svolgimento delle funzioni proprie del personale della scuola, salvo le deroghe consentite dalle norme vigenti.
2. I candidati che hanno seguito un percorso didattico differenziato (PEI) possono sostenere prove differenziate, coerenti con il percorso svolto finalizzate solo al rilascio dell'attestazione - dei crediti formativi - di cui all'art. 13 del D.P.R. n. 323/1998. I testi delle prove scritte sono elaborati dalle commissioni, sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe". Per questi alunni che, al termine della frequenza dell'ultimo anno di corso, essendo in possesso di crediti formativi, possono (non obbligatoriamente) sostenere l'esame di Stato, i Consigli di classe presentano alle Commissioni d'esame un'apposita relazione, nella quale danno indicazioni concrete sia per l'assistenza alla persona e alle prove d'esame sia sulle modalità di svolgimento di prove equipollenti, sulla base dell'esperienza condotta a scuola durante il percorso formativo, al fine di facilitare lo svolgimento delle prove stesse. Per l'esame di Stato conclusivo dei corsi, tale relazione fa parte integrante del documento del Consiglio di classe del 15 maggio. (Cfr art. 17 c. 4)
3. Per i candidati con Dsa sono ad esempio importantissimi gli Strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi previsti dal DPR n. 122/2009 all'art.10 e dal D.M. del 12 luglio 2011 all'5. Quelli compensativi (res faciendae) possono essere: le tabella delle misure e delle formule; l'uso della calcolatrice; del registratore; delle cartine geografiche e storiche; le mappe concettuali; il PC con programmi di videoscrittura con correttore ortografico e/o sintesi vocale; le cassette registrate (dagli insegnanti e/o dagli alunni); la valutazione formativa che non tenga conto dell'errore ortografico, ma del contenuto... Gli strumenti dispensativi (res vitandae) mettono in secondo ordine: la lettura a voce alta; la scrittura veloce sotto dettatura o gli appunti presi in classe; lo studio mnemonico; le interrogazioni programmate... Secondo la CM del 5/1/2005 tali strumenti debbono essere applicati in tutte le fasi del percorso scolastico, compresi gli esami. (Cfr. art.18 c.1-3)
4. Per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES), devono essere fornite dal CdC utili e opportune indicazioni per consentire loro di sostenere adeguatamente l'esame di Stato. La Commissione d'esame (sulla base di quanto previsto dalla Direttiva 27.12.2012 "Strumenti di intervento per alunni con BES", dalla circolare n. 8/2013 e dalle successive note del 27/6/2013 e 22/11/2013) esaminati gli elementi forniti dal CdC, tiene in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati con BES, per i quali sia stato redatto apposito Piano Didattico Personalizzato con le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell'ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati. Si badi però che, per siffatte tipologie, non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame, mentre è possibile concedere strumenti compensativi, in analogia a quanto previsto per alunni e studenti con DSA. (Cfr. art.18 c.4).

tratto da http://www.tecnicadellascuola.it/   di   comparso Lunedì, 16 Giugno 2014

sabato 24 maggio 2014

Prossimamente


Diversamente come te” di Bruno Furcas e Andrea Cossu, Arkadia editore, sarà presentato a giugno dalla Associazione Pixel Multimedia a Cagliari in Via Tempio, 22.

Andrea è affetto dalla nascita da una forma molto grave di tetraparesi. Già nei primi giorni di vita la sua esistenza è messa in pericolo non solo dal male che lo affligge, ma dall’insipienza di chi lo ha in cura. A cinque anni Andrea non cammina, striscia. A sette anni porta ancora il pannolone. Intorno a lui un mondo ovattato, quello creato dalla famiglia, che lo difende ma al contempo lo soffoca isolandolo dalla realtà circostante.
I problemi iniziano nel momento in cui Andrea dovrà affacciarsi nell’universo dei cosiddetti abili. La scuola diventerà un banco di prova per saggiare la sua capacità di risolvere tutte le complicazioni e difficoltà che passo dopo passo si troverà a dover affrontare. 
Anche le cose più semplici per lui sono enormi ostacoli che solo una ferrea determinazione potrà vincere. Comincia così, anno dopo anno, una lunga, lenta ed inesorabile crescita. Intellettuale, ma non solo.
In Andrea aumenta la consapevolezza di essere diverso, ma nel contempo uguale. Non cerca il pietismo, semplicemente vuole e pretende una vita come gli altri, ben conscio dei limiti imposti dal suo fisico.
Un libro che è una testimonianza di una lotta interiore che ha portato Andrea a combattere per ritagliarsi un posto al sole. Grazie anche all’aiuto di alcuni amici, di personale specializzato, e con il costante apporto della famiglia,

Andrea oggi è un ragazzo qualunque, con i suoi sogni, i suoi desideri, le speranze e le delusioni. Vivo. Diverso ma uguale.

giovedì 10 aprile 2014


Perdas nel sociale con Diversamente... sballo!

Di Francesca Lai


Nella biblioteca “Daniele Lai” di Perdasdefogu, sabato 12 aprile verrà presentato il progetto “Diversamente… sballo!” proposto e ideato dall’associazione Pixel Multimedia, che prevede l’attivazione nel corso dell’anno di diverse attività organizzate in fasi e articolate per fasce d’età. In particolare nella serata di sabato verrà presentata l’attivazione di diversi laboratori dedicati ad adulti e bambini : “Mani in pasta” laboratorio enogastronomico, “Informatica in dieci ore” corso di informatica di base per adulti e “Le manine laboriose” laboratori di attività manuale per bambini. Inoltre verrà presentata l’apertura dello “sportello di ascolto psicologico e socio-educativo”.


I laboratori e lo sportello sono offerti in maniera totalmente gratuita dall’associazione Pixel Multimedia che, nata nel 1993, si occupa con successo, sia in campo regionale sia nazionale e senza finalità di lucro, di progettazione ed erogazione e gestione dei servizi educativi e socio sanitari, grazie a una pluriennale esperienza lavora nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati per conto di enti pubblici e soggetti privati. Nel corso della serata interverrà Virginia Marci presidente dell’associazione, per meglio definire le attività che si svolgeranno nel corso dell’anno nel comune ogliastrino.


Dopo i diversi successi nel campo del sociale riscontrati nel corso degli anni si prevede anche per quest’anno una larga partecipazione di pubblico. L’inizio dell’evento è programmato per le 17:30, durante la presentazione saranno disponibili le schede di adesione ai laboratori, verranno inoltre esposti degli esempi di piccole creazioni manuali pensate per i laboratori dei bambini, che gli stessi potranno provare a realizzare. Una serata quella del 12 all’insegna del sociale e del buon umore. Per tutte le info necessarie ci si può recare nella sede dell’associazione in via IV novembre 15 (II piano) a Perdasdefogu, il lunedì dalle 15 alle 17 il martedì giovedì e venerdì dalle 10 alle 13 o inviare una mail all’indirizzo di posta elettronica associazionepixelmultimedia@gmail.com    

Comparso su Vistanet

sabato 5 aprile 2014

Pixel partecipa al forum degli operatori culturali, Cagliari 2019.

Cagliari, crocevia della cultura
REPORT PARTECIPANTI FORUM OPERATORI CULTURALE
INCONTRO 22 FEBBRAIO 2014

Pixel partecipa alle attività del secondo Gruppo. 

CAGLIARI CROCEVIA DELLA CULTURA
I temi trattati dal gruppo sono stati:
1) l’integrazione vs l’intercultura
2) promozione alla lettura: libro come oggetto di scambio culturale
3) musica come strumento di conoscenza tra le culture
Punti di forza: presenza di iniziative interculturali a livello letterario e musicale; presenza di numerose 
associazioni che si occupano di multiculturalità.
Punti di debolezza: mancanza di coordinamento tra le associazioni che da anni si occupano di immigrati; 
mancanza di strumenti di contatto continuativi per garantire un supporto fisso di comunicazione e
conoscenza delle diverse realtà.
Nello specifico sarebbe auspicabile:
1) fare un censimento delle realtà linguistiche presenti a cagliari
2) contattare eventuali associazioni specifiche
3) un coinvolgimento delle biblioteche universitarie di lingue
4) definire cosa si intende per “intercultura”
5) proporre progetti di integrazione nelle scuole responsabilizzando i bambini 
6) raccolta fondi per l’acquisto di libri in lingua straniera; reperire libri di letteratura straniera e
 tematiche interculturali presenti a Cagliari



mercoledì 2 aprile 2014

CONVEGNO: ALBINISMO – UNA DIVERSITA’ CHE SI RACCONTA

Caltanisetta, 26 aprile 2013


Pensando ai nostri alunni speciali....

Questi bambini nascono due volte.

Devono imparare in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile.
La seconda dipende da noi, da quello che sapremo dare.
Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato.
Ma alla fine anche per noi sarà una rinascita”
(G. Pontiggia, “Nati due volte”)



I Il PUNTO DI VISTA DI UNA INSEGNANTE DI SOSTEGNO IN RELAZIONE ALL’INSERIMENTO SCOLASTICO

Provengo da una pluriennale esperienza nel privato sociale dove continuo ad operare come Presidente di una Associazione di Promozione Sociale riconosciuta dalla Regione Sardegna. Ho vissuto una breve esperienza di amministratore locale con deleghe nelle politiche sociali, scolastiche e culturali. Sono da t anni vicina all’Unione Italiana Ciechi.

Insegno in un Istituto superiore della Provincia di Cagliari. Un polo professionale che rappresenta una realtà scolastica in continua crescita (unica in Sardegna) con oltre cinquecento iscritti e diversi indirizzi di studio (agricoltura, turismo, enogastronomia, industria e artigianato). Una scuola che accoglie ragazzi di un territorio con un basso livello di sviluppo socio-economico, provenienti da fasce sociali deboli e da diverse etnie e soprattutto, come vuole la tradizione degli Istituti Professionali, molti ragazzi diversamente abili. Venti alunni certificati con diagnosi specifica; due presentano patologie gravi con rapporto di sostegno 1:1 (Ritardo mentale di grado medio/grave e Autismo); quattordici ragazzi sono affetti da disturbi specifici dell’apprendimento. Non abbiamo studenti affetti da disabilità sensoriali (ciechi, ipovedenti, sordi) che prediligono di norma altri indirizzi di studio (Licei e Istituti Tecnici).
La mia scuola è, come tutte le scuole pubbliche d’Italia, una scuola in grande sofferenza a causa di irragionevoli scelte politiche di vari governi, che deliberatamente non hanno voluto investire nel delicato settore dell’istruzione. Settore con il quale si misura il grado di civiltà di un Paese. Luogo di sapere, di democrazia, di libertà, di uguaglianza, dal quale dipende il futuro e la crescita complessiva della società.
Nel mio Istituto, come negli altri, si registra una cronica carenza di personale, mancanza di attrezzature e sussidi, soprattutto per l’integrazione, ecc. Le cahier de doleance è lungo, ma non ritengo questa la sede nella quale produrre un elenco di lamentazioni.
Vi ho fatto cenno solo per sottolineare che è questo il contesto nel quale si svolge l’impegno quotidano di tanti insegnanti per diffondere conoscenza, far emergere potenzialità, trasmettere valori, per garantire una scuola per tutti e soprattutto per i più deboli, così come vuole la nostra Carta costituzionale.
L’impegno di noi insegnanti è quello di realizzare una scuola dell’ “inclusione”, vale a dire una scuola che attiva un processo attraverso il quale i suoi protagonisti (organizzazione scolastica, studenti, insegnanti, famiglia, territorio) generano un contesto, un ambiente che risponde ai bisogni di tutti gli alunni, in particolare degli alunni con bisogni educativi speciali (così come è specificato dall’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento delle disabilità) proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel duemila.
In trentanni di integrazione scolastica (tanti ne sono trascorsi dall’emanazione della Legge 104/92) molte sono state le esperienze e le buone prassi realizzate nella scuola italiana. Chi vive la scuola da tempo può testimoniare (sicuramente più autorevolmente di me) i grandi passaggi che nel corso del tempo sono stati fatti.
Tuttavia sono consapevole che oggi, manchi ancora qualcosa per garantire il pieno raggiungimento di un processo di inclusione di qualità.
Cosa resta da affinare? Un pensiero più costruttivo e condiviso tra i diversi attori del contesto scolastico ed extrascolastico, capace di creare ambienti accoglienti e facilitanti le diversità, tali da contribuire allo sviluppo e alla crescita cognitiva dei ragazzi con bisogni educativi speciali.
L’insegnante per il sostegno è chiamato a svolgere un ruolo chiave all’interno di un sistema scuola che vuole veramente integrare. Perchè lo richiede la normativa (Legge 104/92 art. 13 comma 3, comma 6) ma soprattutto perchè, come già accennato, lo richiedono i molteplici e nuovi bisogni educativi. Il docente di sostegno non è il custode unico del ragazzo in difficoltà come, ancora oggi, erroneamente viene identificato e conseguentemente svalutato.
Anche io ho dovuto fare i conti con una realtà che vuole e chiede, in maniera più o meno esplicita, al docente per il sostegno di limitarsi a mantenere tranquillo l’alunno o l’alunna così da permettere un lavoro sereno ai docenti delle singole discipline. Questo atteggiamento, se condiviso, condannerebbe paradossalmente l’insegnante per il sostegno a diventare lo strumento principe di isolamento dell’alunno in difficoltà dalle normali attività scolastiche. Per questo è da respingere fermamente qualsiasi delega al solo docente per il sostegno.
D’altronde se “l’integrazione e’ quel livello di socializzazione che si costruisce attraverso l’apprendimento”, condizione per procedere verso di essa e’ “che tutti operino in modo sinergico...... e che tutti crescano come competenza relazionale e comunicativa, cioè come apprendimento “ (Cottoni, 1994).
Per favorire l’integrazione è necessario, soprattutto in questo peculiare momento storico, che la scuola produca un profondo cambiamento culturale partendo dalle risorse umane presenti al suo interno, attivando forme di collaborazione verso obiettivi condivisi, tesi al conseguimento del massimo benessere di tutti. L’integrazione è infatti la grande sfida che coinvolge innanzitutto le persone e i ruoli presenti all’interno della scuola (studenti, famiglie, dirigenti, insegnanti ecc.),
Con questa affermazione non si vuole ovviamente negare l’importanza delle risorse materiali. Ma in epoca di crisi si può dirigere l’attenzione verso la costruzione in classe di sussidi semplici – testi con lettere ingrandite, sfondi neri e scritte bianche nel caso di lieve deficit visivo – potenziare la lettura espressiva e l’ascolto ecc.. Si può porre particolare cura nella disposizione dei banchi, nella creazione di un ambiente gradevole, con luci e colori adeguati e cosi via...).
Restano comunque le risorse umane i veri attori del cambiamento. In sintesi:
  • lo stesso alunno disabile che va considerato la prima risorsa per la sua integrazione
  • i suoi compagni di classe e di scuola con i quali impostare una didattica basata sulla cooperazione, sulla solidarietà reciproca e vicinanza
  • i genitori, perchè conoscono meglio di chiunque il ragazzo e portano il contributo “più esperto” nella predisposizione del piano educativo del proprio figlio (se adeguati ovviamente), possono coadiuvare l’insegnante in programmi ricreativi, partecipare agli organi collegiali, esercitare una pressione per ottenere maggiori risorse per l’integrazione ecc..
  • i collaboratori scolastici e altri operatori del sociale e della sanità, la cui osservazione può rilevarsi preziosa per indiviudare una potenzialità...
  • i docenti chiamati a individuare soluzioni originali, a sperimentare pratiche didattiche adatte ai singoli e al contesto (cooperative learning, tutoring, team teaching), a costruire insieme gli obiettivi della programmazione di classe e insieme del ragazzo in difficoltà
  • i dirigenti che devono garantire l’organizzazione efficace ed efficiente delle risorse umane e materiali
  • la comunità scolastica e il territorio per identificare le risorse e tutti gli elementi utili a costruire una rete di interventi coordinati
In conclusione, il processo di inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali è fondato sulla costruzione di un percorso com-partecitato di tutte le queste realtà teso a rendere significativa la presenza dell’alunno in difficoltà con i suoi compagni.

La prospettiva è quella quindi di passare da una forma di sostegno (che considera il solo monte ore del docente) ai sostegni, come sostiene da tempo Marisa Pavone, vale a dire all’identificazione e all’attivazione di tutte le risorse umane e materiali disponibili nella scuola e nel territorio.