mercoledì 1 aprile 2015

Disturbi generalizzati dello sviluppo, Autismo e sindromi .



I disturbi generalizzati dello sviluppo rappresentano un tema molto complesso e dibattuto, essendo ancora in corso di studio e verifica la causa scatenante e lo sviluppo patogenetico.
Le diverse correnti di pensiero hanno nel tempo strutturato differenti sistemi di classificazione che risentono delle ipotesi teoriche di base. Di conseguenza anche per quanto concerne l’approccio terapeutico e/o riabilitativo si registrano diverse strategie, che rendono ancor più complesso il compito di fornire una presentazione il più possibile esaustiva e chiara di questa problematica.
I soggetti affetti da autismo tipico mostrano tre tipi di sintomi: interazione sociale alterata, problemi nella comunicazione verbale e non verbale e di immaginazione, attività e interessi insoliti o estremamente limitati.
I sintomi normalmente si manifestano entro i primi tre anni di età, e perdurano per tutta la vita, sono spesso sono associati ad un certo grado di ritardo mentale.
Talvolta si associano a un gruppo vario di condizioni mediche generali quali ad esempio le anomalie cromosomiche, le infezioni congenite, le anomalie del Sistema Nervoso Centrale, l’epilessia, eccetera.
Non c’è una cura per questo disturbo ma un trattamento appropriato può favorire uno sviluppo relativamente normale e ridurre i comportamenti indesiderati.

Epidemiologia
L’incidenza è stimata dal 0,7/1000 al 13/10000, a seconda dei criteri diagnostici usati; l’autismo colpisce soggetti maschi 4 volte più frequentemente delle femmine ed è stato riscontrato in tutte le popolazioni del mondo di ogni razza e ambiente sociale. Soltanto ¼ circa di bambini autistici presenta un quoziente intellettivo nella norma mentre i ⅔ presentano insufficienza moderata o grave.
L’autismo attualmente è 3–4 volte più frequente rispetto a 30 anni fa e secondo la maggioranza degli autori questa discordanza nelle stime di prevalenza sarebbe dovuta più che a un reale incremento dei casi di autismo ad una maggiore definizione dei criteri diagnostici, che prevede l’inclusione delle forme più lievi; ad una maggiore diffusione di procedure diagnostiche standardizzate; nonché ad una maggiore sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in generale.


I sintomi
I sintomi dell’autismo riguardano le tre aree: la comunicazione verbale e non verbale, l’interazione sociale e l’immaginazione o il repertorio di interessi.
Comunicazione verbale e non verbale
La persona autistica utilizza il linguaggio in modo bizzarro o appare del tutto muta; spesso ripete parole, suoni o frasi che sente pronunciare (ecolalia).
Anche se le capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno rilevanti difficoltà ad impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo in situazioni diverse.
Il linguaggio non risulta adeguato all'età, e l’assenza di linguaggio non si accompagna a nessun tentativo di comunicazione gestuale o mimica.
Nell’infanzia non si osserva il gioco del «far finta», né quello dell'imitazione sociale.
Quando compare il linguaggio si possono notare degli aspetti tipici: ecolalia immediata o ritardata, la prosodia particolarmente monotona, frammentaria o artificiosa, l'inversione pronominale (l'uso del «tu» o del nome proprio per riferirsi a se stesso); la sintassi rimane spesso povera, immatura, per quanto riguarda l'espressione delle emozioni (gioia, piacere, sorpresa, collera) il più delle volte non sono manifestate, mentre è spesso accentuata la manifestazione dell’angoscia.
Interazione sociale
I soggetti affetti da autismo mostrano un’apparente carenza di interesse e di reciprocità con gli altri; tendenza all'isolamento e alla chiusura; un’apparente indifferenza emotiva agli stimoli o ipereccitabilità agli stessi; difficoltà ad instaurare un contatto visivo, ad iniziare una conversazione o a rispettare i turni, difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai giochi di gruppo.
Il bambino autistico non cerca di entrare in contatto con le persone, né di attirare l'attenzione, non aggancia lo sguardo, non imita gli altri.
Immaginazione o repertorio di interessi
Le persone autistiche solitamente hanno un limitato repertorio di comportamenti, il quale viene ripetuto in modo ossessivo; si possono osservare, infatti, sequenze di movimenti stereotipati (per es. torcersi o mordersi le mani, sventolarle in aria, dondolarsi, camminare sulle punte, ecc.) detti appunto stereotipie.
Le abitudini o i rituali, apparentemente privi di significato simbolico, occupano per la maggior parte le attività quotidiane e danno ai bambini una tipica caratteristica comportamentale rigida e automatica.
Queste persone normalmente manifestano un forte interesse per oggetti o parti di essi, in particolare se hanno forme tondeggianti o possono ruotare.
Un altro punto centrale è senza dubbio la resistenza al cambiamento che per alcuni può assumere le caratteristiche di un vero e proprio terrore fobico. La persona può esplodere in crisi di pianto o riso senza un’apparente motivazione.
Può diventare autolesionista, iperattiva ed aggressiva verso altro o verso oggetti.

La gravità del quadro autistico è molto variabile: i casi più gravi sono caratterizzati dai comportamenti estremamente ripetitivi, insoliti, auto o etero–aggressivi.
Le forme più lievi assomigliano ai disturbi della personalità associati a disabilità dell’apprendimento e la caratteristica più evidente è il disturbo dell’interazione sociale; questi bambini possono non rispondere se chiamati per nome e spesso evitare il contatto oculare, hanno difficoltà nell’interpretare il tono della voce o le espressioni del viso, non corrispondono alle emozioni altrui o non guardano gli altri in viso per adeguare il proprio comportamento.
Tendono a parlare più tardi degli altri bambini e possono riferirsi a sé stessi con il nome proprio piuttosto che con «io» o «me».
Mostrano una ridotta sensibilità al dolore e possono essere straordinariamente sensibili ad altre sensazioni. Questa sensibilità alterata può contribuire ai sintomi comportamentali, come la resistenza ad essere abbracciati.
Dato che i sintomi e la gravità variano ampiamente i ricercatori hanno sviluppato diverse serie di criteri diagnostici per questo disturbo.

Eziologia
L’eziologia dei disturbi generalizzati dello sviluppo sono tutt’oggi sconosciute, infatti non è stata individuata una causa specifica per l'autismo, ma sono stati individuati diversi fattori che possono contribuire allo sviluppo della sindrome.
Negli ultimi anni una parziale convergenza si è avuta sull'idea della multifattorialità delle cause, individuate prevalentemente in quelle organico-genetico e quelle psicologico-ambientali.
Dal momento che il termine disturbi generalizzati dello sviluppo è sinonimo di autismo, ciò equivale a ipotizzare che non esiste un autismo, ma molti autismi con cause e caratteristiche diverse.
Sembra definitivamente tramontata la credenza che le cure parentali siano responsabili dell’autismo (basi psicologiche) e invece sembra fortemente consolidata quella radicata su basi genetiche o comunque organiche.


I sottogruppi attualmente classificati come disturbi generalizzati dello sviluppo nel DSM IV sono:
1. disturbo autistico (di Kanner);
2. disturbo di Rett;
3. disturbo disintegrativo della fanciullezza;
4. disturbo di Asperger;
5. disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato.

Il termine «sindrome di Asperger» viene talvolta usato per descrivere persone con comportamento autistico ma con capacità di linguaggio ben sviluppate. Alcuni autistici hanno capacità limitate ma straordinarie in aree come la musica, la matematica, il disegno o la visualizzazione.
Le bambine affette da «sindrome di Rett», un disturbo genetico legato al sesso caratterizzato da inadeguata crescita cerebrale, crisi epilettiche e altri problemi neurologici, possono anche manifestare comportamenti autistici.
I bambini con alcuni sintomi di autismo, ma non sufficienti per essere diagnosticati come affetti dalla forma classica del disturbo, vengono diagnosticati come affetti da «disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato».
Sono stati elaborati nel tempo alcuni modelli interpretativi che tentano di spiegare la presenza nel disturbo autistico di tre aree deficitarie nelle fasi precoci dello sviluppo sociale; ora citeremo i più conosciuti ed accreditati:
1) Teoria del deficit della “cognizione” sociale considera centrali nella patogenesi del disturbo alcuni elementi comportamentali, riconoscibili fin dalla più tenera età: la mancanza di contatto affettivo già presente nella relazione precoce madre-bambino con incapacità di riconoscere le emozioni e di rispondervi in maniera adeguata ed adattiva; mancanza d’attenzione condivisa e deficit dell’imitazione.
2) Teoria della Mente considera centrale l’incapacità dei soggetti affetti da autismo di rappresentarsi lo stato mentale altrui e di se stessi, per la quale non sarebbero in grado di raffigurarsi un agire che tenga conto delle credenze e dei pensieri soggettivi. Gli autistici sarebbero pertanto in grado di rispondere agli stimoli ambientali solo dentro un rapporto oggettuale, vissuto ed esperito nel concreto. Tale teoria spiegherebbe il deficit di gioco simbolico frequentemente osservato.
3) Teoria dell’alterazione delle funzioni esecutive (pianificazione, categorizzazione) rende ragione dei comportamenti rigidi e stereotipati e del ristretto campo di interessi, con un deficit delle funzioni frontali ed in particolare nella capacità di pianificare una sequenza e di monitorarne lo svolgimento con attività di feed-back, nella capacità di spostare l’attenzione su diversi stimoli, distogliendola da quelli catturanti, o su più stimoli contemporaneamente.
4) Teoria della debole coerenza centrale considera infine fondamentale la caratteristica dei soggetti affetti da autismo di non attribuire diverso valore a stimoli con significato da quelli senza significato e/o random e quindi di non riuscire ad astrarre da uno stimolo complesso gli elementi significativi ed unitari rispetto a quelli privi di significato, per cui ricordano maggiormente gli aspetti formali che il contenuto di un discorso.
Come è possibile dedurre da questa rapida carrellata, nessuno dei modelli formulati è in grado di rappresentare in maniera convincente ed unitaria la realtà autistica, in tutta la sua complessa sintomatologia e multiformità di presentazione. I modelli teorici sono tuttavia necessari per guidare la ricerca futura con la consapevolezza della necessità di modificarli o sostituirli, alla luce dei progressi ottenuti.

Terapie
Attualmente non esiste una cura per l’autismo e le terapie o gli interventi vengono scelti in base ai sintomi specifici di ogni individuo.
Nell’ambito delle Sindromi Autistiche sono possibili differenti tipi di intervento, che si articolano su più livelli (terapeutici, riabilitativi, educativi e sociali) e che vanno scelti in funzione dell’età del soggetto, del livello di compromissione generale, del bilancio delle potenzialità e delle abilità raggiunte nonché del livello intellettivo, dell’ambiente in cui il soggetto autistico vive (famiglia, scuola, istituto), nonché delle risorse socio-sanitarie disponibili nel territorio.
La terapia deve essere preceduta da una valutazione prolungata che esplori tutte le aree dello sviluppo del bambino (comunicativa, interattiva, cognitiva, neuropsicologica).
Gli interventi sono di tipo educativo – comportamentale e medico.
Nessun farmaco può modificare le strutture cerebrali e le compromissioni delle connessioni che sembrano sottostare all’autismo; possono solo trattare alcuni sintomi.
I medici possono prescrivere vari farmaci per ridurre l’autoaggressività o altri sintomi disturbanti dell’autismo, nonché i disturbi associati come l’epilessia e i deficit di attenzione.
In molti di questi bambini i sintomi migliorano in seguito all’intervento o con la maturazione.
La finalità a lungo termine del progetto terapeutico è quella di favorire l’adattamento del soggetto al suo ambiente, nel miglior modo possibile in rapporto alle specifiche caratteristiche del suo essere autistico, lo scopo ultimo è di garantire una soddisfacente qualità della vita al soggetto e all’intero sistema famiglia.
In questa prospettiva, l’intero arco dell’età evolutiva è il periodo durante il quale vengono messi in atto una serie di interventi normalmente finalizzati a correggere comportamenti disadattivi; a pilotare la spinta maturativa per facilitare l’emergenza di competenze (sociali, comunicativo–linguistiche, cognitive) che possono favorire il futuro adattamento del soggetto all’ambiente in cui vive; a favorire lo sviluppo di un soddisfacente adattamento emozionale (controllo degli impulsi, modulazione degli stati emotivi, immagine di sé).
Sotto elencati le più frequenti tipologie di intervento:
Gli approcci comportamentali
Metodo etodinamico
La psicoanalisi e la terapia delle psicosi infantili
La terapia familiare sistemica
Le terapie farmacologiche
La musicoterapia
Pet therapy

Bibliografia
Marcelli, Psicopatologia del bambino, Masson, Milano, 1999.
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Cottini L., Didattica speciale e integrazione scolastica, Carrocci, Roma, 2004.
Cottini L., Il bambino autistico a scuola: quale integrazione?, in Psicologia e Scuola , anno 22, n. 108, febbraio/marzo 2002.
Cottini L., Educazione e riabilitazione del bambino autistico, Carrocci, Roma, 2002.
Cristiani P., Lavorare con l’autismo: dalla diagnosi ai trattamenti, Junior, Bergamo, 2002.
Guareschi, Cazzullo A, Lenti C., Musetti L, Neurologia e Psichiatria dello Sviluppo, Mc Graw-Hill, Milano, 1998.
Manarolo G., Borghesi M., Musica e terapia, quaderni italiani di musicoterapia, Cosmopolis snc, Torino, 2004.
Manzano J., Palacio–Espasa F., Studio sulle psicosi infantili, Zanichelli, Bologna, 1986.
Marcelli D., Psicopatologia del bambino, Masson, Milano, 1999.
Dispense V. Fenzi

Sitografia
www.angsaonlus.org/lineeguida_sinpia.pdf.