I disturbi generalizzati dello sviluppo
rappresentano un tema molto complesso
e dibattuto, essendo ancora in corso
di studio e verifica la causa scatenante e lo sviluppo patogenetico.
Le diverse correnti di pensiero hanno
nel tempo strutturato differenti
sistemi di classificazione che risentono delle ipotesi teoriche di base. Di conseguenza anche per quanto concerne l’approccio
terapeutico e/o riabilitativo si registrano
diverse strategie, che rendono ancor più complesso il compito di fornire una presentazione il più possibile esaustiva e
chiara di questa problematica.
I
soggetti affetti da autismo tipico mostrano tre tipi di sintomi: interazione
sociale alterata, problemi nella comunicazione verbale e non verbale e di
immaginazione, attività e interessi insoliti o estremamente limitati.
I
sintomi normalmente si manifestano entro i primi tre anni di età, e perdurano
per tutta la vita, sono spesso sono associati ad un certo grado di ritardo
mentale.
Talvolta si associano a un
gruppo vario di condizioni mediche generali quali ad esempio le anomalie
cromosomiche, le infezioni congenite, le anomalie del Sistema Nervoso Centrale,
l’epilessia, eccetera.
Non c’è una cura per questo
disturbo ma un trattamento appropriato può favorire uno sviluppo relativamente
normale e ridurre i comportamenti indesiderati.
Epidemiologia
L’incidenza
è stimata dal 0,7/1000 al 13/10000, a seconda dei criteri diagnostici usati;
l’autismo colpisce soggetti maschi 4 volte più frequentemente delle femmine ed
è stato riscontrato in tutte le popolazioni del mondo di ogni razza e ambiente
sociale. Soltanto ¼ circa di bambini autistici presenta un quoziente
intellettivo nella norma mentre i ⅔ presentano insufficienza moderata o grave.
L’autismo
attualmente è 3–4 volte più frequente rispetto a 30 anni fa e secondo la
maggioranza degli autori questa discordanza nelle stime di prevalenza sarebbe
dovuta più che a un reale incremento dei casi di autismo ad una maggiore
definizione dei criteri diagnostici, che prevede l’inclusione delle forme più
lievi; ad una maggiore diffusione di procedure diagnostiche standardizzate; nonché
ad una maggiore sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in
generale.
I sintomi
I
sintomi dell’autismo riguardano le tre aree: la comunicazione verbale e non
verbale, l’interazione sociale e l’immaginazione o il repertorio di interessi.
Comunicazione verbale e
non verbale
La
persona autistica utilizza il linguaggio in modo bizzarro o appare del tutto
muta; spesso ripete parole, suoni o frasi che sente pronunciare (ecolalia).
Anche
se le capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno rilevanti
difficoltà ad impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo in situazioni
diverse.
Il
linguaggio non risulta adeguato all'età, e l’assenza di linguaggio non si
accompagna a nessun tentativo di comunicazione gestuale o mimica.
Nell’infanzia
non si osserva il gioco del «far finta», né quello dell'imitazione sociale.
Quando
compare il linguaggio si possono notare degli aspetti tipici: ecolalia
immediata o ritardata, la prosodia particolarmente monotona, frammentaria o
artificiosa, l'inversione pronominale (l'uso del «tu» o del nome proprio per
riferirsi a se stesso); la sintassi rimane spesso povera, immatura, per quanto
riguarda l'espressione delle emozioni (gioia, piacere, sorpresa, collera) il
più delle volte non sono manifestate, mentre è spesso accentuata la
manifestazione dell’angoscia.
Interazione sociale
I
soggetti affetti da autismo mostrano un’apparente carenza di interesse e di
reciprocità con gli altri; tendenza all'isolamento e alla chiusura; un’apparente
indifferenza emotiva agli stimoli o ipereccitabilità agli stessi; difficoltà ad
instaurare un contatto visivo, ad iniziare una conversazione o a rispettare i
turni, difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai
giochi di gruppo.
Il
bambino autistico non cerca di entrare in contatto con le persone, né di
attirare l'attenzione, non aggancia lo sguardo, non imita gli altri.
Immaginazione o repertorio
di interessi
Le
persone autistiche solitamente hanno un limitato repertorio di comportamenti,
il quale viene ripetuto in modo ossessivo; si possono osservare, infatti, sequenze
di movimenti stereotipati (per es. torcersi o mordersi le mani, sventolarle in
aria, dondolarsi, camminare sulle punte, ecc.) detti appunto stereotipie.
Le
abitudini o i rituali, apparentemente privi di significato simbolico, occupano
per la maggior parte le attività quotidiane e danno ai bambini una tipica caratteristica
comportamentale rigida e automatica.
Queste
persone normalmente manifestano un forte interesse per oggetti o parti di essi,
in particolare se hanno forme tondeggianti o possono ruotare.
Un
altro punto centrale è senza dubbio la resistenza al cambiamento che per alcuni
può assumere le caratteristiche di un vero e proprio terrore fobico. La persona
può esplodere in crisi di pianto o riso senza un’apparente motivazione.
Può
diventare autolesionista, iperattiva ed aggressiva verso altro o verso oggetti.
La
gravità del quadro autistico è molto variabile: i casi più gravi sono
caratterizzati dai comportamenti estremamente ripetitivi, insoliti, auto o
etero–aggressivi.
Le
forme più lievi assomigliano ai disturbi della personalità associati a
disabilità dell’apprendimento e la caratteristica più evidente è il disturbo
dell’interazione sociale; questi bambini possono non rispondere se chiamati per
nome e spesso evitare il contatto oculare, hanno difficoltà nell’interpretare il
tono della voce o le espressioni del viso, non corrispondono alle emozioni
altrui o non guardano gli altri in viso per adeguare il proprio comportamento.
Tendono
a parlare più tardi degli altri bambini e possono riferirsi a sé stessi con il
nome proprio piuttosto che con «io» o «me».
Mostrano
una ridotta sensibilità al dolore e possono essere straordinariamente sensibili
ad altre sensazioni. Questa sensibilità alterata può contribuire ai sintomi
comportamentali, come la resistenza ad essere abbracciati.
Dato
che i sintomi e la gravità variano ampiamente i ricercatori hanno sviluppato
diverse serie di criteri diagnostici per questo disturbo.
Eziologia
L’eziologia
dei disturbi generalizzati dello sviluppo sono tutt’oggi sconosciute, infatti
non è stata individuata una causa specifica per l'autismo, ma sono stati
individuati diversi fattori che possono contribuire allo sviluppo della
sindrome.
Negli
ultimi anni una parziale convergenza si è avuta sull'idea della
multifattorialità delle cause, individuate prevalentemente in quelle organico-genetico
e quelle psicologico-ambientali.
Dal momento che il termine disturbi generalizzati dello sviluppo è
sinonimo di autismo, ciò equivale a ipotizzare che non esiste un autismo, ma
molti autismi con cause e caratteristiche diverse.
Sembra definitivamente tramontata la credenza che le cure
parentali siano responsabili dell’autismo (basi psicologiche) e invece sembra
fortemente consolidata quella radicata su basi genetiche o comunque organiche.
I sottogruppi attualmente classificati come disturbi generalizzati
dello sviluppo nel DSM IV sono:
1. disturbo
autistico (di Kanner);
2. disturbo di Rett;
3. disturbo
disintegrativo della fanciullezza;
4. disturbo di
Asperger;
5. disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti
specificato.
Il termine «sindrome di Asperger» viene talvolta usato per
descrivere persone con comportamento autistico ma con capacità di linguaggio
ben sviluppate. Alcuni autistici hanno capacità limitate ma straordinarie in
aree come la musica, la matematica, il disegno o la visualizzazione.
Le
bambine affette da «sindrome di Rett», un disturbo genetico legato al sesso
caratterizzato da inadeguata crescita cerebrale, crisi epilettiche e altri
problemi neurologici, possono anche manifestare comportamenti autistici.
I
bambini con alcuni sintomi di autismo, ma non sufficienti per essere
diagnosticati come affetti dalla forma classica del disturbo, vengono
diagnosticati come affetti da «disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti
specificato».
Sono
stati elaborati nel tempo alcuni modelli interpretativi che tentano di spiegare la presenza nel disturbo
autistico di tre aree deficitarie nelle fasi precoci dello sviluppo sociale; ora citeremo i
più conosciuti ed accreditati:
1)
Teoria del deficit della “cognizione” sociale considera centrali nella patogenesi del disturbo alcuni
elementi comportamentali,
riconoscibili fin dalla
più tenera età: la mancanza di
contatto affettivo già presente nella relazione precoce madre-bambino con incapacità di
riconoscere le emozioni e di rispondervi in maniera adeguata ed adattiva;
mancanza d’attenzione condivisa e deficit dell’imitazione.
2)
Teoria della Mente considera centrale l’incapacità dei soggetti affetti da autismo di rappresentarsi lo
stato mentale altrui e di se stessi, per la quale non sarebbero in grado di
raffigurarsi un agire che tenga conto delle credenze e dei pensieri soggettivi. Gli
autistici sarebbero pertanto in grado di rispondere agli stimoli ambientali solo dentro
un rapporto oggettuale, vissuto ed esperito nel concreto. Tale teoria
spiegherebbe il deficit di gioco simbolico frequentemente osservato.
3)
Teoria dell’alterazione delle funzioni esecutive (pianificazione, categorizzazione) rende ragione
dei comportamenti rigidi e stereotipati e del ristretto campo di interessi,
con un deficit delle funzioni frontali ed in particolare nella capacità di pianificare
una sequenza e di monitorarne lo svolgimento con attività di feed-back, nella
capacità di spostare l’attenzione su diversi stimoli, distogliendola da quelli
catturanti, o su più stimoli contemporaneamente.
4) Teoria della debole coerenza
centrale considera infine fondamentale la caratteristica dei
soggetti affetti da autismo di non attribuire diverso valore a stimoli con significato da quelli senza
significato e/o random e quindi di non riuscire ad
astrarre da uno stimolo complesso gli elementi significativi ed unitari
rispetto a quelli privi di
significato, per cui ricordano maggiormente gli
aspetti formali che il contenuto
di un discorso.
Come è possibile dedurre da questa
rapida carrellata, nessuno dei modelli formulati è in grado di rappresentare in maniera convincente ed unitaria la
realtà autistica, in tutta la sua
complessa sintomatologia e multiformità di presentazione. I modelli teorici sono tuttavia necessari per guidare la ricerca futura
con la consapevolezza della necessità di modificarli o
sostituirli, alla luce dei progressi ottenuti.
Terapie
Attualmente
non esiste una cura per l’autismo e le terapie o gli interventi vengono scelti
in base ai sintomi specifici di ogni individuo.
Nell’ambito
delle Sindromi Autistiche sono possibili differenti tipi di intervento, che si
articolano su più livelli (terapeutici, riabilitativi, educativi e sociali) e
che vanno scelti in funzione dell’età del soggetto, del livello di
compromissione generale, del bilancio delle potenzialità e delle abilità
raggiunte nonché del livello intellettivo, dell’ambiente in cui il soggetto
autistico vive (famiglia, scuola, istituto), nonché delle risorse socio-sanitarie
disponibili nel territorio.
La
terapia deve essere preceduta da una valutazione prolungata che esplori tutte
le aree dello sviluppo del bambino (comunicativa, interattiva, cognitiva,
neuropsicologica).
Gli
interventi sono di tipo educativo – comportamentale e medico.
Nessun
farmaco può modificare le strutture cerebrali e le compromissioni delle
connessioni che sembrano sottostare all’autismo; possono solo trattare alcuni
sintomi.
I
medici possono prescrivere vari farmaci per ridurre l’autoaggressività o altri
sintomi disturbanti dell’autismo, nonché i disturbi associati come l’epilessia
e i deficit di attenzione.
In
molti di questi bambini i sintomi migliorano in seguito all’intervento o con la
maturazione.
La
finalità a lungo termine del progetto terapeutico è quella di favorire
l’adattamento del soggetto al suo ambiente, nel miglior modo possibile in
rapporto alle specifiche caratteristiche del suo essere autistico, lo scopo
ultimo è di garantire una soddisfacente qualità della vita al soggetto e
all’intero sistema famiglia.
In
questa prospettiva, l’intero arco dell’età evolutiva è il periodo durante il
quale vengono messi in atto una serie di interventi normalmente finalizzati a correggere
comportamenti disadattivi; a pilotare la spinta maturativa per facilitare
l’emergenza di competenze (sociali, comunicativo–linguistiche, cognitive) che
possono favorire il futuro adattamento del soggetto all’ambiente in cui vive; a
favorire lo sviluppo di un soddisfacente adattamento emozionale (controllo degli
impulsi, modulazione degli stati emotivi, immagine di sé).
Sotto
elencati le più frequenti tipologie di intervento:
Gli approcci comportamentali
Metodo etodinamico
La psicoanalisi e la terapia delle psicosi
infantili
La terapia familiare sistemica
Le terapie farmacologiche
La musicoterapia
Pet therapy
Bibliografia
Marcelli,
Psicopatologia del bambino, Masson, Milano, 1999.
C.
Zappella M., I bambini autistici, l’holding e la famiglia, Nis, Roma,
1987.
Cottini
L., Didattica speciale e integrazione scolastica, Carrocci, Roma, 2004.
Cottini
L., Il bambino autistico a scuola: quale integrazione?, in Psicologia e
Scuola , anno 22, n. 108, febbraio/marzo 2002.
Cottini
L., Educazione e riabilitazione del bambino autistico, Carrocci, Roma,
2002.
Cristiani
P., Lavorare con l’autismo: dalla diagnosi ai trattamenti, Junior,
Bergamo, 2002.
Guareschi, Cazzullo A, Lenti C.,
Musetti L, Neurologia e Psichiatria dello Sviluppo, Mc Graw-Hill,
Milano, 1998.
Manarolo
G., Borghesi M., Musica e terapia, quaderni italiani di musicoterapia,
Cosmopolis snc, Torino, 2004.
Manzano
J., Palacio–Espasa F., Studio sulle psicosi infantili, Zanichelli,
Bologna, 1986.
Marcelli
D., Psicopatologia del bambino, Masson, Milano, 1999.
Dispense
V. Fenzi
Sitografia
www.angsaonlus.org/lineeguida_sinpia.pdf.
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